sabato 20 dicembre 2008

Buon Natale

"Nel giorno di Natale
donami grazia, o Dio
dall'affannarmi triste della vita:
ho desiderio d'innocenza.
Voglio innalzarmi a un cielo
di giubilo perfetto e universale.
Il soave ricordo del Presepio
mi assale e mi ravvolge
in una cinta di dolcezza:
e la povera casa dell'infanzia
mi spalanca orizzonti vasti
folgoranti di luce.
Oh, come lo rammento.
Tant'anni sono trasvolati,
ma la mente mi svolge lento
il film di lunghe cure
l'ansie il lavoro e la mistica gioia
nella povera casa dell'infanzia.
La neve dietro agli appannati vetri
effondeva un candore
e si addolciva in canto
a colorire del più caldo amore
scenari di Betlemme
coi pittoreschi casolari
e le finestre illuminate a fiaba.
Per il cielo imbrunito
lucentissima stella
era scortata d'angeli
cantanti gloria negli eccelsi a Dio.
Quale tremore di contento
nel disporre la grotta
col Bambinello nella mangiatoia
e nel davanti inginocchiati
la Vergine Maria e San Giuseppe:
e porvi ai lari il bove e l'asino
e intorno lumi ed erbe e fiori
e sui sentieri tortuosi
pastori camminanti e oranti
e pecorelle e agnelli:
in lontananza erette e maestose
le figure dorate dei re Magi
su le gibbose groppe dei cammelli.
Un orientale mondo di malìa
passava per le mani a tocchi lievi
di statuette ed arboscelli e muschi:
diventavo pittore ed architetto
per scene di stupore:
invadevano il cuore
di lenti nenie di zampogne
a confermare la certezza:
"ecco ci è nato il Figlio
del mondo il Salvatore,
venite ed adorate, o genti".
Quanta pace fu data alle famiglie
dall'amorosa capannuccia,
che dovunque tu sia
ti riporta all'infanzia ed al tuo nido.
Dolcezza al cuore in concepirla,
dolcezza al cuore in allestirla
dollcezza al cuore in contemplarla:
vengono i bimbi dei vicini,
si fermano estasiati ad ammirarla
e da limpide voci
erompe il canto del sermone
in pia ardente adorazione.
Nacque al tempo della Regula Bullata
coi dodici capitoli
che accesero sul mondo
le fiamme d'un fraterno amore
e offrirono alle genti
l'ineguagliabile letizia
della serena povertà.
E per il sigillo d'armonioso accordo
il Santo dei poeti
squillò da Greccio l'inno del Presepio:
d'amore a Dio
l'inno più lirico e soave.
Oh, rigodere l'innocenza
di quell'inno tante volte goduto:
ritornare bambino
con le mani giunte in preghiera
e gli occhi al cielo ed alle stelle:
ritoccare pastori e pecorelle."

Michele Campana, Il Presepio

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